StorieDì Arte Quando il sesso non era tabu
Se oggi capita che la sessualità spesso finisca nella sfera del "proibito", se dunque la società contemporanea l'ha relegata nell'alveo del profano, ciò non si può dire anche per l'antichità. Moltissime infatti sono le manifestazioni di quest'aspetto estremamente naturale dell'uomo per quel che riguarda le civiltà del passato. Nonostante queste possano raccontare storie apparentemente ambigue, probabilmente indecifrabili per occhi del presente, ciò non toglie che ci dicano qualcosa in più di noi stessi, su chi siamo e da dove veniamo, e molte volte lo fanno attraverso l'Arte.
Nel mondo greco classico e in quello romano sono diversi i rituali religiosi e misterici che coinvolgono la sfera sessuale. E' il caso per esempio delle Falloforie, festività e processioni solenni in onore di Priapo e Dioniso nelle quali si trasportavano enormi falli di legno, accompagnando il corteo con canti tipici, come quello che il poeta Semos di Delo produsse per un'opera teatrale:
«Ritiratevi, fate posto al dio! Perché egli vuole enorme, retto, turgido, procedere nel mezzo.»
Nelle Falloforie propiziatorie del raccolto, molto diffuse nel mondo tradizionalmente agricolo della Grecia antica e dell'Italia Romana, le processioni con il fallo terminavano con una pioggia di acqua mista a miele e succo d'uva, rivolta ai campi. Questa doveva rappresentare l'eiaculazione del seme, origine della vita. Una pratica propiziatoria, un rituale rivolto agli dei nella speranza di un buon raccolto, di una stagione fertile e abbondante quindi. Plutarco ce ne descrive una con poche semplici parole:
«In testa venivano portati un'anfora piena di vino misto a miele e un ramo di vite, poi c'era un uomo che trascinava un caprone per il sacrificio, seguito da uno con un cesto di fichi e infine le vergini portavano un fallo con cui venivano irrigati i campi.»
(De Cupiditate Divitiarum, VIII, 527 D)
In ambito misterico, il contesto mitico della festa viene riletto alla luce dello smembramento di Dioniso: il dio viene fatto a pezzi dai Titani e divorato, e solo un organo viene salvato da Atena. Questo, che nel mito è il "cuore", secondo Karl Kerényi è una metafora del pene, vero simbolo di vita.
Nel mondo classico il fallo era infatti considerato il simbolo della vita per eccellenza, in quanto generatore del seme. Nel rito fallico ad esempio si sacrificava un caprone e se ne occultava il fallo, che poi nella processione veniva sostituito da un enorme simulacro di legno di fico.
Altri esempi di rituali antichi che mettono in risalto la sessualità tramite pratiche orgiastiche sono, a Roma, i Bacchanalia (Bacco e Dioniso non a caso possono considerarsi sostanzialmente come la stessa cosa). Secondo quanto riportato da Livio e Plauto, risulta che i Baccanali sono anzitutto momenti festivi di grande rilievo: si concedono libertà fuori della norma, a loro volta rese possibili da uno stato di "possessione". Si accede ad essi dopo un periodo di astinenza e di castità, con lo scopo di rendere più intensa la risposta sia fisica che emotiva dei rituali. Si beve in modo eccessivo e disordinato, come ben testimoniato da diversi episodi delle commedie plautine, affinché l'estasi, l'ebbrezza e la liberazione dei sensi siano favorite. La possessione è come un "invasamento della mente", una "follia" che agita i corpi e che spesso spinge alla violenza e a un furore incontrollato.
Chi è ritualmente posseduto diventa "rapito dagli dei" ed entra nel "sacrario dionisiaco", cioè nelle piccole grotte artificiali o nelle stanze dove si tenevano le feste e dove si cercava di ricreare simbolicamente quell'ambiente che nel mito era stato il luogo reale dove si svolgevano i rituali orgiastici.
I disordini provocati da tali festività indussero il Senato di Roma ad intervenire nel 186 a.C., dietro iniziativa di Marco Porcio Catone, con un senatoconsulto, il noto Senatus consultum de Bacchanalibus, al fine di sciogliere il culto con distruzione dei templi, confisca dei beni, arresto dei capi e persecuzione degli adepti. In seguito i Baccanali sopravvissero come feste propiziatorie, ma senza più la sua componente misterica.
La religione romana in generale promuoveva la sessualità come uno degli aspetti fondamentali di prosperità per l'intero Stato; singoli individui potevano rivolgersi alla pratica religiosa privata, o anche alla magia, per migliorare la loro vita erotica, la loro salute o le capacità riproduttive. La prostituzione era legale, pubblica e diffusa. Raffigurazioni di scene di sesso sono infatti ampiamente presenti tra le collezioni d'Arte delle famiglie più rispettabili e di elevato status sociale. Le ville e i lupanari pompeiani ne hanno dato un esemplare riscontro in affreschi di altissimo valore storico-culturale.
Sia a Roma che in Grecia erano inoltre comunemente accettate omosessualità e pederastia. Alcibiade e Socrate ne danno ampia dimostrazione nel Simposio. Secondo alcune improbabili testimonianze (forse di tradizione diffamatoria) di Gaio Svetonio Tranquillo nella Vita di Nerone (28,1-2; 29, 1; 46, 1), Cassio Dione (Epitome LXII, 28) e Aurelio Vittore (Epitome de Caesaribus 5, 7), Nerone, noto imperatore romano, dopo la morte della moglie Poppea, sposò addirittura due uomini, Sporo e Pitagora. Pare che il primo fosse anche stato castrato e reso a tutti gli effetti una donna. Il primo transgender della Storia? Chi lo sa!
Mentre Roma fondava il suo impero, in Perù vivevano i Moche, un popolo dai tratti enigmatici e con una religione basata sul sesso. Consolidarono il loro potere tra il I e VII secolo d.C. La loro fu una delle più antiche civiltà del nuovo mondo, nata e cresciuta molto prima di quelle degli Aztechi e degli Incas. Abili agricoltori, coraggiosi marinai e impavidi guerrieri, hanno conquistato una fama diffusa anche perché il sesso fu parte integrante della loro religione. La sessualità non era qualcosa di necessariamente legato al piacere, ma uno strumento indispensabile per mantenere l'equilibro della vita. Comunissime sono le raffigurazioni su vasi o frammenti di ceramica dove i Moche sono protagonisti di rituali sessuali ed orgiastici, tra vivi, defunti o dei, tanto da costituire oggi intere collezioni in veri e propri musei d'arte erotica. I Moche comunque non erano i soli a essere sessualmente spregiudicati. Lo furono anche i successivi Incas, e gli Aztechi messicani.
Infine, potrebbe risultare interessante notare come nella stragrande maggioranza delle religioni antiche esistesse una figura assimilabile a quella di Dioniso e di Bacco. Prima del paganesimo greco e romano infatti, altro esempio (tra i tanti) di divinità simbolo di abbondanza, fertilità e vita era, nella cultura egizia, il dio Min. Il suo culto ebbe origine addirittura nel IV millennio a.C. Veniva raffigurato in varie forme, ma più di frequente con il pene eretto stretto nella mano destra e la mano sinistra alzata con un flagello. Era venerato come un dio creatore capace di generare, mediante la propria potenza sessuale, la vita.
Min era specialmente onorato nel corso dell'incoronazione del faraone nel Nuovo Regno, cerimonia durante la quale sembra che il sovrano dovesse spargere il proprio seme. Si ritiene che tale azione fosse simboleggiata dallo spargimento di semi di piante, ma vi sono teorie controverse secondo le quali il faraone avrebbe dovuto dimostrare di essere in grado di eiaculare, assicurando così l'annuale piena del Nilo, determinante per la prosperità dell'Egitto.
Numerosi, oltre quelli citati, furono i culti che coinvolsero gli iniziati, i fedeli, gli adepti, in concitate scene di sesso o in omaggi agli organi riproduttivi. Molto diversa da quella attuale era la concezione della sessualità nella società e nei rapporti interpersonali. Uno sguardo al passato non lascia mai spazio ad equivoci: siamo cambiati tanto quanto rimasti noi stessi. Da un certo momento in poi abbiamo sentito l'esigenza pudica di reprimere, ma quali sono stati i benefici? E quali gli scompensi?
di Giorgio Rico