StorieDì Cinema La Casa di Carta: molto più di una semplice rapina

21.09.2018

Otto persone vengono reclutate per una rapina decisamente particolare: irrompere nella Fábrica Nacional de Moneda y Timbre, la zecca nazionale spagnola di Madrid, e stampare 2.400 milioni di euro per appropriarsene indebitamente.

A ciascun componente della banda viene dato il nome di una città: Tokyo, Mosca, Berlino, Nairobi, Rio, Denver, Helsinki e Oslo. Indosseranno delle maschere raffiguranti il volto iconico di Salvador Dalì per proteggere la loro identità, e non dovranno intrattenere rapporti sentimentali, ma lasciamo a chi non ha visto la serie il piacere di scoprire da sé l'aggrovigliarsi delle vicende. Con un ingegnoso espediente i protagonisti riescono a entrare nella zecca di stato e, dal momento in cui i civili presenti sul posto vengono presi in ostaggio, il capo del gruppo (Berlino) ci tiene a instaurare una certa empatia con ognuno di loro, specificando subito che non intendono fare del male a nessuno. La polizia prende le dovute contromisure e invia sul posto come negoziatrice l'ispettrice Raquel Murillo, una donna di grande spessore che però sta attraversando problemi sentimentali, al punto da condizionare non poco il suo lavoro.

I rapinatori con le maschere di Dalì
I rapinatori con le maschere di Dalì

L'ideatore del piano è un misterioso ed intrigante personaggio, noto come "Il Professore". E' lui che ha condotto le selezioni dei partecipanti, è lui ad aver pensato ed architettato maniacalmente ogni singolo ed inimmaginabile dettaglio. E' il deus ex machina del mondo in cui la narrazione si svolge: la Spagna contemporanea, tra Madrid e le campagne di Toledo. Ed è proprio lui ad aver costruito il tutto su un ideale ben preciso: la Resistenza. Non è un caso infatti che, da un certo momento in poi, il sottofondo sonoro che accompagnerà alcune delle scene più avvincenti sarà proprio la canzone manifesto della Resistenza: Bella ciao. Ma perché proprio la Resistenza? Perché proprio Bella ciao?

Il Professore in una scena della serie
Il Professore in una scena della serie

La narratrice, che sentiremo fin dall'inizio nella voce di Tokyo, racconta ad un certo punto il legame che avvicina il professore al canto partigiano. Ci dice infatti di come l'idea di resistenza e la canzone siano per il professore l'eredità del nonno: "La vita del professore girava intorno a un'unica idea: Resistenza. Suo nonno, che aveva combattuto i fascisti al fianco dei partigiani, gli aveva insegnato questa canzone, e lui l'aveva insegnata a noi."

Trasformando un gruppo di banditi in rivoluzionari, la serie targata Netflix è riuscita a conquistare il cuore di moltissimi spettatori. E in tutto questo Bella ciao ha avuto un ruolo fondamentale, e vedremo in che senso.

C'è chi definisce La Casa di Carta un capolavoro e c'è chi grida al fenomeno di tendenza sopravvalutato, ma anche in Italia questa serie ha fatto parlare molto di sé. Prescindendo da tutto ciò quello che ci preme sottolineare è che dietro una struttura narrativa che non brilla per originalità possa nascondersi un complesso e ben preciso filone di studi storici e teorico-politici, che affonda le radici nelle riflessioni sulla Sovranità e sullo Stato dell'epoca moderna, fino ad arrivare alle teorizzazioni sulla Disobbedienza e sul diritto di Resistenza contemporanei. E' per questo che secondo noi La Casa di Carta può essere apprezzato come molto più che la storia di una semplice rapina. Ma andiamo per gradi.

Secondo E. Fromm nella Disobbedienza si incarnano le origini stesse dell'uomo e della civiltà. Non a caso infatti nella mitologia e nei racconti biblici sono proprio degli atti di disobbedienza i protagonisti indiscussi di esemplari vicende umane (es. Adamo ed Eva o Prometeo). 

E. La Boétie nel 1548, dopo una rivolta contadina in Francia, si interroga nel suo testo Discorso sulla servitù volontaria su come sia possibile che gli uomini sopportino il tiranno senza reazione alcuna. Un interrogativo impensabile per i secoli precedenti e dalla portata rivoluzionaria. Con il testo di La Boétie la Disobbedienza trova finalmente il suo spazio come forma civica dell'agire umano, come difesa delle libertà degli individui e dei sudditi contro l'Uno. Essa non si traduce in uno scontro diretto col Potere ma nella sottrazione del sostegno al sovrano, vera fonte del potere da cui esso attinge.

T. Hobbes e J. Locke, nel Patto e nella Colonia, troveranno gli strumenti utili a neutralizzare "l'eversività" della Disobbedienza, separandola concettualmente e spazialmente dalla Rivoluzione. Non è un caso se nel 1597 viene promulgato il Beggar Act, e le colonie diventano lo strumento politico di rimozione dalle città dei disobbedienti, dei nemici politici, trasformandosi così in "prigioni senza mura".

Il Boston Tea Party, la Rivoluzione Americana e la Dichiarazione di Indipendenza del 1776 saranno proprio il frutto di quest'impostazione pratica e teorica. Gli USA, nella visione di T. Paine, saranno quindi il portato naturale del riemergere della Resistenza e della Disobbedienza, come un Drop-Out, una defezione con cui l'America ha scelto di sottrarsi da una situazione svantaggiosa per riappropriarsi di diritti e libertà nei confronti dell'Inghilterra.

Con Marx le lotte operaie si approprieranno delle riflessioni sulla Disobbedienza, raggiungendo esiti teorici prima impensabili con l'IWW (Industrial Workers of the World), meglio noti come Wobblies, che nel 1905 faranno dello sciopero e del sabotaggio lo strumento per la sottrazione del sostegno di cui parlava quattrocento anni prima La Boétie. Un contro-potere in grado di opporsi al Capitalismo, bloccando la macchina del lavoro e sottraendo l'energia vitale al Capitale.

Il simbolo adottato dall'IWW
Il simbolo adottato dall'IWW

Gli stessi ideali filtreranno anche nel Movimento abolizionista, che a seguito della Legge sugli schiavi fuggitivi del 1850, si rifiuterà di obbedirvi, e la fuga sarà lo strumento di non cooperazione nei confronti dello Stato coercitivo. Il Movimento femminista invece troverà lo stesso fine nell'esercizio illegale del voto. La Disobbedienza in questi anni si è ormai configurata come la deliberata scelta di opporsi ad una legge per un bisogno vitale.

A fare da retroscena a queste nuove logiche politiche vi è senza dubbio un'opera di straordinario valore umano, Resistenza al governo civile o Disobbedienza civile di H. D. Thoreau, del 1849. Per Thoreau la Disobbedienza è da intendersi come sottrazione del consenso. Non è altro dunque che un atto di cittadinanza, un'azione grazie alla quale una minoranza si politicizza, considerati gli esiti paradossali delle logiche della rappresentanza moderna e quindi del principio di maggioranza. A partire da Thoreau la Disobbedienza sarà concepita come azione diretta e radicale.

Ad ereditarne gli sfondi teorici saranno poi Gandhi, in India, con la teoria e la pratica della resistenza non-violenta, il Satyagraha, e M. L. King con l'azione diretta non-violenta che porterà ad esempio al boicottaggio dei bus di Montgomery nel 1955 e alla marcia su Washington del 1963.

Marcia su Washington (1963)
Marcia su Washington (1963)

Con il Sessantotto, il tema della Disobbedienza torna ad essere oggetto di dibattito teorico-politico in Europa, fino ad arrivare alle manifestazioni No-Global dei primi anni 2000 a Genova. Con essi la Disobbedienza diviene uno strumento di ripoliticizzazione rivoluzionaria, che dall'università si estende all'intera società, che non mira alla presa del potere quanto alla crescita di una società nuova, è diretta ed è extra-parlamentare.

I momenti dello scontro nella manifestazione contro il G8, nel 2001 a Genova
I momenti dello scontro nella manifestazione contro il G8, nel 2001 a Genova

Sul finire degli anni '90 il lessico politico è però totalmente pervaso da formulazioni liberali progressiste, i luoghi di potere si sono ormai svuotati della loro valenza storica, e hanno perso la rappresentatività di un tempo. La Disobbedienza ha risentito di questi cambiamenti ed inizia a rielaborarsi come Hackerismo, poiché il Potere ha perso la sua dimensione fisica, si è smaterializzato, "deterritorializzato", e si è fatto un flusso di dati, ma soprattutto si è fatto denaro virtuale, codici e chiavi criptate in grado di determinare crisi politiche ed economiche con il solo spostamento di quel flusso. L'Hackerismo è dunque considerato da molti teorici come la più nuova delle forme di azione diretta, che trova nel Web il suo campo di battaglia. Vedasi a tal proposito un'altra serie Tv, Mr. Robot.

Al di là di questi ultimi ed interessanti esiti, e a prescindere dalle personali tendenze politiche, dovrebbe essere più agevole intravedere nel disegno narrativo de La Casa di Carta un tentativo di andare oltre quello che viene mostrato su schermo. E' per questo che Bella ciao e la serie spagnola appaiono come un binomio perfetto.

Lo spirito di Resistenza e Disobbedienza viene dal Professore coniugato nell'epoca contemporanea nella forma del boicottaggio della zecca di stato spagnola, come contro-potere, contro-frizione nei confronti della Banca Centrale Europea. 

Sede della BCE
Sede della BCE

Il disegno è quindi molto più ampio di quello che vuole apparire. Per il Professore quella rapina vale molto più dei 2.400 milioni di euro. Per il Professore quella rapina è lo scacco matto al Potere, è il riscatto per chi dalla vita può uscirne sconfitto, l'occasione per smascherare con un gesto così radicale le ingiustizie dello Stato. Per il Professore quella rapina è un inno alla libertà.

Bibliografia: 

R. Laudani, Disobbedienza, Bologna, il Mulino, 2010

di Giorgio Rico

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