StorieDì Letteratura L'intensità di quattro incredibili notti bianche
Ero ancora un adolescente quando mi avventurai nella lettura di uno dei romanzi che posso ritenere a buon ragione uno dei migliori, anche se ve ne sarebbero decine, che l'uomo abbia saputo produrre e offrire a se stesso e alla memoria del tempo! Uno di quei testi che non puoi dimenticare, che sa esattamente come e dove lasciare il segno. Quelle pagine, poco più di cento, da leggere tutte d'un fiato, destinate a fare la Storia.
Le notti bianche, un racconto giovanile di Fëdor Dostoevskij, pubblicato nel 1848. Il titolo dell'opera trae ispirazione dal periodo dell'anno noto come "notti bianche", in cui nel Nord della Russia, inclusa la zona di San Pietroburgo, il Sole tramonta dopo le 22. E' proprio lì, sulle sponde del fiume Neva, tra ambienti cupi e romantici e alla luce fioca di qualche lampione, che possiamo collocare con l'immaginazione l'incalzare della narrazione.
Un sognatore, nella magia inquieta di quelle notti estive infinite, illuminate, bianche come la neve, isolato dalla realtà e da ogni rapporto di amicizia, durante una passeggiata, incontra sul lungofiume una ragazza in lacrime che risveglia in lui una forte voglia di parlarle e con essa il sentimento dell'Amore. Si chiama Nasten'ka. Anastasia. Ha solamente 17 anni, e prova subito attrazione per quel carattere timido e impacciato del sognatore, tanto da volersi rincontrare la notte successiva, quella dopo, e quella dopo ancora, ad un'unica condizione: non innamorarsi, ma rimanere amici.
Il racconto si dispiega dunque in quattro atti, quattro notti ad essere precisi, durante le quali i due si rivelano l'un l'altro. Il sognatore confessa di vivere in un mondo tutto suo, un mondo fantastico, tetro ed illusorio, dove i suoi unici amici sono i palazzi cittadini ed un disagio intimo e personale irreversibile. Anastasia invece rivela la sua vicenda stravagante: la ragazza viveva sotto il controllo di una vecchia nonna cieca, addirittura a lei attaccata per le vesti con degli spilli, e attendeva ormai da un anno un amore perduto, un inquilino della nonna molto povero col quale spesso si intrattenevano in comuni passioni per la lettura ed il teatro e che, dopo la rivelazione, le chiede un anno di attesa. Il giovane si era poi trasferito a Mosca per guadagnare qualcosa e offrire una vita migliore alla ragazza. Passato un anno, Nasten'ka, incalzata dal sognatore, invia una lettera all'amante perduto e fissa un incontro per la notte. Un incontro che tuttavia fu disatteso. Ad accompagnare il tutto ora, quasi a rimarcare una tristezza perdurante, vi è una pioggia battente, che non vuole arrestarsi, così come le lacrime della giovane donna.
Quelle notti bianche però stavano forse offrendo ad Anastasia l'occasione per dimenticare, perché nel suo cuore e in quello del sognatore stava nascendo qualcosa che andava oltre ogni percezione. Il protagonista, di fronte al tormento della ragazza, non riesce più a trattenersi e le confessa il suo amore. In un crescendo di commozione, Nasten'ka gli dice che se vorrà aspettare che il suo cuore guarisca, è certa di potersi innamorare di lui. I due, ormai in preda all'esaltazione, cominciano quindi a fare progetti per il futuro. La quarta notte tuttavia riserva loro una sorpresa dolce e amara: mentre stanno passeggiando mano nella mano un uomo passa loro accanto, li guarda, poi prosegue. Era proprio lui, il vecchio amore di Anastasia che, come pietrificata, comincia a tremare. Basta che egli la chiami per farle dimenticare ogni promessa, lasciare la mano del sognatore e correre via. La ragazza, un'ultima volta, torna dal sognatore, lo bacia e si allontana per sempre.
Il sognatore capisce che è stato tutto inutile, che anche quel sentimento finì per trasformarsi in una triste illusione nonostante la sua incredibile realtà e concretezza, per riscivolare nella solitudine dei suoi sogni. Ma è allo stesso tempo grato alla ragazza per avergli donato uno ed un solo attimo di felicità.
«un intero attimo di beatitudine!
È forse poco, anche se resta il solo in tutta la vita di un uomo?»
Le notti bianche, nonostante il tono lirico e dialogico, anticipa l'analisi psicologica dei turbamenti interiori dei grandi romanzi come L'idiota, I demoni, Delitto e castigo e I fratelli Karamazov. Dostoevskij non perde occasione per farsi portavoce del genere letterario del romanzo psicologico. E ai nostri occhi non perde occasione per essere accostato alla bellezza delle parole di Kafka, di Pirandello e all'estetica di Schiller.
Non è un caso infatti che la vera protagonista de Le notti bianche sia in realtà San Pietroburgo, avvolta di una costante ambiguità tra sogno e realtà. Le fantasie del protagonista vengono proiettate e riprodotte nello spazio esterno, così come l'esoterismo si relaziona e si tramuta nei mille volti e angolazioni del mondo che ci circonda.
Il tutto fa pensare ad una evidente metafora delle condizioni psicologiche del protagonista, per il quale il mondo finisce per mescolarsi all'interiorità, che alla fine prevale e ha la meglio su tutto.
Il sognatore de Le notti bianche non è altro dunque che l'immagine dell'uomo e della cultura romantica ottocentesca, di cui però incarna la paralisi, il blocco esistenziale e il suo inevitabile fallimento. Ma è anche un po' l'emblema più attuale che ci sia dell'uomo in generale e della sua spasmodica ricerca della felicità, inafferrabile, inconcepibile e inesprimibile. Un attimo, una scintilla, un brivido che la vita ci dona assieme alla sensazione di vederlo svanire via con tutto il resto.
Il protagonista è intrappolato in un mondo che si è costruito su misura, e da cui non può che uscire sconfitto. L'incontro con la figura femminile sembra scuotere le cose, un terremoto per la realtà estremamente fissa e incatenata del sognatore, un momentaneo capovolgimento dei ruoli di ordine e caos. Un'occasione per strappare via le catene, purtroppo destinata a svanire nell'oblio di quel realismo che il sognatore aveva fino ad allora evitato ad ogni costo. La stessa Anastasia è quasi una figura simile, bloccata dalla nonna dispotica, ma che trova una via d'uscita nell'Amore.
I desideri del sognatore sono però quelli destinati al più struggente dei fallimenti: la sua relazione immaginaria con la ragazza dura unicamente per quelle quattro notti, in cui i due non fanno che confidarsi le reciproche infelicità, per ricadere ancora una volta nella ripetitività degli schemi tristi ed illusori che la sua psiche aveva generato, nel suo guscio in cui ripararsi da ogni male, trasformatosi in un male ben peggiore da cui vano è anche soltanto il tentativo di fuggire.
di Giorgio Rico