StorieDì Letteratura Tolkien: un nuovo Omero?

31.01.2019

Senza dubbio l'accostamento tra due autori, due giganti della Letteratura, quali J.R.R. Tolkien e Omero (quest'ultimo protagonista dell'annoso dibattito ancora vivo sulla sua discussa esistenza, la "questione omerica"), è più "provocatorio" che altro, ma è anche vero che le tradizioni letterarie generatesi da queste menti geniali e appartenute a mondi, epoche e culture totalmente differenti, abbiano avuto un impatto incredibile sul patrimonio di conoscenze dell'uomo, così come potremmo sostenere per altri autori antichi e moderni di miti e leggende, tra i quali l'anonimo del Beowulf, Snorri Sturluson de L'Edda in prosa e tanti altri. Un impatto dovuto al loro stile narrativo, comune, come è ovvio, a svariate correnti letterarie, che si basa sulla mescolanza di elementi "fantastici" ed elementi più reali, che si basa sull'avventura, sul viaggio, su un preciso percorso intrapreso dai personaggi all'interno di un mondo epico, mitico, che si fa paradigma di una realtà più tangibile, quella del tempo degli autori. Un impatto dovuto all'incredibile valore universale e globale che le loro opere hanno raggiunto nel tempo, dovuto alla loro capacità di trascendersi, di andare oltre la contingenza, di andare al di là di ogni religione e cultura. Un impatto dovuto al loro valore fortemente umano, un valore che passa inequivocabilmente per il mito. Omero e Tolkien, creatori di mondi, tra loro molto diversi, narratori-simbolo di due epoche distinte ed entrambi chiavi di lettura fondamentali per la ricostruzione delle strutture culturali delle loro epoche.

Certo, è ancora presto per trarre conclusioni sugli effetti delle opere di Tolkien, in relazione invece ad Iliade ed Odissea, ma è a partire da ora che dovremmo apprezzare il valore incredibile di testi come Lo Hobbit, Il signore degli Anelli, Il Silmarillion. E' in questi testi che Tolkien, docente in diversi college inglesi di letteratura, filologia e lingua anglosassoni, infonde uno spiccato desiderio di "produrre Storia" in onore della dignità delle tradizioni mitologiche inglesi, da lui giudicate al pari di quelle mediterranee, al pari dunque delle vicende di un Achille, o di un Ulisse. Questo suo desiderio si trasforma in atto creativo, da cui prendono forma e vita le intrecciate vicende di Bilbo Beggins e di suo nipote Frodo, di Gandalf, di un gruppo di nani guidati da Thorin Scudodiquercia, e le loro avventure alla scoperta di mondi fantastici e inesplorati, di tesori nascosti e di battaglie gloriose, che li portano a scontrarsi col drago Smaug, con orchi, spiriti e creature varie, e a distruggere l'Unico Anello in un crescendo di emozioni. Se volessimo immaginare la narrazione dei miti della Terra di Mezzo non basterebbe pensare alla ramificazione delle radici di un albero secolare. Tali storie trassero infatti direttamente ispirazione dalle vaste saghe norrene e dalle leggende medievali: sono quindi pienamente inserite in un contesto medievale, allo scopo di imbastire un dialogo con la contemporaneità.

Un'illustrazione del drago Smaug
Un'illustrazione del drago Smaug

Le vicende dei personaggi di Tolkien, poi diventati veri e propri paradigmi dell'umano e dell'inumano, si inseriscono in uno specifico contesto a loro interamente dedicato, fatto di una loro storia, una loro geografia (ben ravvisabile nelle innumerevoli mappe create dallo stesso autore), e di una serie di rapporti tra razze diverse (elfi, orchi, nani, umani, hobbit), ed in costante comunicazione tra di esse per mezzo di una rete più viva che mai di interi sistemi linguistici inventati sulla base di lingue reali, come il Gallese, il Finlandese o l'Inglese Antico. Già all'età di 13-14 anni, il giovane Tolkien si dilettava nell'invenzione di lingue, come l'Elfico ad esempio.

Nello studio della sua casa, al numero 20 di Northmoor Road, oggi sotto la protezione del ministero e dei beni culturali britannico, durante la noiosa correzione estiva dei compiti di alcuni studenti, nei primi turbolenti decenni del Novecento, Tolkien prese a scrivere d'improvviso, su un foglio completamente bianco, una frase:

"In un buco nella terra viveva uno hobbit."

Sarà la frase dalla quale scaturirà, per ispirazione illuminata, l'intera opera di Tolkien. Sarà la frase che farà sognare e immaginare intere generazioni, la frase a cui oggi probabilmente dobbiamo innumerevoli opere letterarie e cinematografiche.

La casa di Tolkien
La casa di Tolkien
Esempio di una casa Hobbit
Esempio di una casa Hobbit

A tal proposito, è doveroso menzionare che la creazione di Tolkien è stata oggetto di grandi e note produzioni cinematografiche nel XXI secolo, come le due trilogie del regista P. Jackson, che hanno avuto la capacità di mettere su schermo quelle parole scritte su carta più di mezzo secolo prima. La trasposizione di P. Jackson ha saputo rendere al meglio la dinamicità del racconto di Tolkien, fatto di scontri all'ultimo sangue, di magia e stregoneria, di viaggi per terre remote, di sogni e desideri di un mondo diverso, un mondo migliore, un mondo che potesse richiamare ancora la semplicità delle cose, la bellezza della natura, la concretezza dei sentimenti più puri e l'incanto dato dalla fine di epici scontri di potere. Una semplicità che richiama fortemente quella della vita stessa di Tolkien, grande amante delle piccole cose della vita, controparte umana di uno hobbit, appassionato per le cose della natura, e di conseguenza estimatore dell'umiltà di chi trascorreva la propria vita in campagna. Tolkien cresce a cavallo tra fine Ottocento e metà Novecento, negli anni della piena esplosione industriale, dello spostamento di grandi masse demografiche dalle periferie ai centri, dell'abbandono dei vecchi valori della vita che ormai cedevano sempre più il passo ad una società tecnologicamente avanzata. Era un uomo del suo tempo, e per questo sente il bisogno di riportare alla luce dei sentimenti che l'umanità stava per seppellire, i sentimenti delle Midlands inglesi. Partecipò alla Prima guerra mondiale, ed in particolare alla Battaglia della Somme (1915), da cui tornò profondamente scosso e allo stesso tempo arricchito dalle sensazioni liminari che la guerra sapeva tristemente concedere. Sposò una donna bellissima, Edith Bratt, e non perse occasione per cantarne la bellezza in poesie e inni nelle sue opere, come nel racconto di Beren e Luthien, dove quest'ultima fu senza dubbio personificazione della sua dolce Edith. Ebbe quattro figli, per i quali forse nacque proprio la voglia di scrivere favole della buonanotte, favole che sapessero in qualche modo mettere in contatto il mondo dei bambini con quello degli adulti, come fece per esempio nelle Lettere di Babbo Natale, poi raccolte dal suo terzogenito Cristopher. A lui in realtà si deve anche la risistemazione di molte opere che durante la vita del padre non furono edite e pubblicate, o che non furono ultimate. Come Il Silmarillion, Il Libro dei Racconti Perduti, e tante altre.

Alcuni dei personaggi de Lo Hobbit di P. Jackson
Alcuni dei personaggi de Lo Hobbit di P. Jackson
Le mura di Troia (Troy) e il Nero Cancello (Il Ritorno del Re)
Le mura di Troia (Troy) e il Nero Cancello (Il Ritorno del Re)

La svolta arrivò nel 1937, quando la casa editrice Allen&Unwin decise di pubblicare Lo Hobbit. Il successo fu immediato e fu sommersa di richieste per un sequel della storia. Un anno dopo le case editrici rifiutarono Il Silmarillion, allora considerato un maldestro richiamo dell'Antico Testamento. Fu così che nacque il progetto del Signore degli Anelli. La sua stesura fu lunga e faticosa, si prolungò per tutti gli anni duri della Seconda Guerra Mondiale, e mentre caccia e bombardieri della Royal Air Force e della Luftwaffe continuavano a scontrarsi nei cieli, trovò una conclusione nel 1944, per essere dato alle stampe in tre volumi nel 1954-55. L'opera trovò grande consenso tra i giovani che lo rivendicarono addirittura come simbolo delle Controculture degli anni 60'. Ma non fu l'unico caso: le opere di Tolkien furono anche oggetto di strumentalizzazione politica da parte di gruppi neofascisti, soprattutto sulla scia nazista della rievocazione della tradizione medievale tedesca. Ciò in realtà fu dovuto non ad un'insita inclinazione politica della creazione di Tolkien, ma alla sua spiccata interpretabilità, al suo forte valore universale, alla sua adattabilità a scenari differenti e multiformi. Benché in parte essa sia paradigma del reale, come già accennato, non va dimenticato che ruoti sempre e comunque attorno a mondi fantastici. Il suo attecchimento nelle frange politiche estremiste è quindi semplicemente frutto di una manipolazione tardiva, ben lontana dalle intenzioni dell'autore o dalle sue idee politiche, e per nulla presenti nei suoi testi.

Se proprio dovessimo rintracciare un messaggio etico-storico in Tolkien, a detta anche delle parole del figlio Cristopher, potremmo al più ravvisare una affascinante dicotomia uomo-macchina, natura-città industriale. L'anello, ad esempio, si fa così simbolo dei disastri provocati dalla coercizione, dal dominio, dalla tirannia, annientatrice delle libertà dell'uomo e della natura. La magia è paragonabile alla macchina appunto, un pericolo da combattere: sentimento avvertito senza dubbio per via di una forte nostalgia delle belle cose perdute, delle cose genuine, e la parola, per Tolkien, diventa "rifugio antiatomico", rifugio creativo nei confronti di un cambiamento inarrestabile.

Una foto di J.R.R. Tolkien
Una foto di J.R.R. Tolkien

Nato nel 1892, si spegnerà all'età di 81 anni a Bournemouth, nel 1973, lasciando un vuoto incolmabile nel mondo artistico-letterario. Un vuoto, un buco nella terra in cui vivrà per sempre uno hobbit.

Tratto da: "J.R.R. Tolkien, Creatore di mondi", S. Backès, 2014

Di Giorgio Rico 

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