StorieDì Storia Il Sufismo: la Via mistica nell'Islam
"Conosci te stesso" recitava l'inscrizione del tempio di Apollo a Delfi, il famoso γνῶθι σαυτόν, corrispondente alla locuzione latina nosce te ipsum o temet nosce.
La mistica islamica, o "Sufismo", è quella che fra tutte interiorizza maggiormente le parole dell'inscrizione di Delfi. A riprova di ciò basta citare uno degli hadith della tradizione, che si pone come complemento della sopraccitata sentenza greca, in cui si dice che "chi conosce se stesso, conosce il suo Signore".
L'eco del Sufismo si propaga da secoli con il rischio di spegnersi miseramente in un più generale movimento di "morte" della spiritualità. In esso e nel dialogo interreligioso dimora invece a nostro parere un principio di tutela e custodia dell'integrità generale degli individui. Ecco spiegato perché di seguito affronteremo in generale i punti salienti della mistica islamica.
Nell'alveo della spiritualità islamica vi sono due modi differenti di intraprendere il cammino di fede: attraverso la via tradizionale, oppure attraverso quella mistica del Sufismo (tasawwuf). Queste due vie non sono affatto in contrasto tra loro, anzi possono essere complementari.
Entrambe poggiano sui tre fondamenti della Verità islamica: Allah (1), Corano (2) e Maometto (3).
Di base basta sottolineare il ruolo che questi tre vertici svolgono per il musulmano:
(1) Il Dio Unico, Creatore e Giudice è il centro da cui si propaga la realtà e a cui tutto ritorna, e insieme ad esso vi è tutto quell'insieme di precetti che dal (2) Corano (al-Qur'an), concretizzazione pura di Dio in parola ed esortazioni, emergono e si strutturano nella Legge (Shari'ah). Il Corano rappresenta la guida da seguire nella vita quotidiana e l'insieme delle verità in cui credere. (3) Muhammad, che è uomo in quanto tale ed è partecipe di Dio soltanto come Profeta e "Sigillo dei profeti", è esempio e modello vivente di sottomissione alla Legge. Per i Sufi è considerato come primo tra i mistici. Oggetto delle loro meditazioni è in particolare la storia della sua "ascensione notturna". Muhammad è dunque modello delle verità ascetiche e mistiche perché asceso alla contemplazione dell'Essenza Divina nei suoi momenti rivelativi e di preghiera.
La prima via, quella tradizionale, si basa essenzialmente su un cammino fondato sui cinque pilastri (arkan) dell'Islam:
- Credo (shahada);
- Preghiera (salat);
- Elemosina (zakat);
- Digiuno (sawm);
- Pellegrinaggio (hajj).

Ognuno di questi arkan si articola in una serie di doveri devozionali e rituali complessi che costituiscono quella fetta dell'esteriorità della religione islamica, che in essa porta il riflesso dell'interiorità coltivata invece da chi segue la seconda via, quella del Sufismo.
Ai cinque pilastri, solitamente, se ne aggiunge un sesto non canonico, quello tanto discusso del jihad, "sforzo", "impegno". Questo è comunemente interpretato in maniera duplice: da una parte vi è il jihad maggiore, spirituale, inteso come lotta interiore contro se stessi e le passioni più basse e terrene; dall'altra il jihad minore, il più controverso, inteso come guerra difensiva da una minaccia che dall'esterno si pone come pericolo per la fede. È indubbio che quello maggiore, il più importante, svolga un ruolo chiave nella spiritualità degli iniziati al Sufismo, che ne fanno una ragione di vita di annientamento e annichilimento del sé (fana), di morte interiore per un fine più grande.
Tornando al Sufismo, esso, rispetto alla via tradizionale, cerca di eliminare il velo che si frappone tra Dio e mondo. Cerca quindi di svelare il mistero. La via tradizionale invece accetta il mistero per quello che è, senza avvertire la necessità di indagarlo ulteriormente.
Uomo e mondo sono immagini di Dio e per questo costituiscono un rimando ad esso diretto. Questo è il concetto fondamentale dell'unità divina (tawhid), punto di partenza della conoscenza superiore (ma'rifah) dei mistici, frutto di illuminazione del cuore e dono di Dio, superiore alla scienza che l'uomo può acquisire solo tramite i propri sensi. A tutto ciò si accompagna l'esercizio ascetico, come la rinuncia al mondo (zuhud) e un insieme di pratiche che i mistici adoperano nel loro percorso di purificazione per la preparazione alla visione di Dio (veglie, preghiere, digiuni, ritiri ecc.). La natura e il creato sono dunque epifania dell'Uno che solo un cuore illuminato è in grado di comprendere ed interpretare.
Fulcro del pensiero sufi è l'Unità di Dio (tawhid), o "religione dell'amore", non inteso come sentimento o emozione ma come concretizzazione della gnosi: un sapere superiore che rivela l'unità fondante dell'universo e di conseguenza di tutte le dottrine mistiche e religiose. Il compito che svolge il Sufismo in prima istanza è quindi quello di ricondurre l'uomo all'Uno, liberandolo dalla molteplicità tipica del mondo sensibile. Solo la semplicità e l'integrità si avvicinano quanto più possibile all'Unità. L'uomo iniziato al Sufismo deve insomma tornare semplice per conseguire una purezza celestiale e beatifica.
Un sufi inoltre deve conoscere il cosmo per conoscere sé stesso, e viceversa, con l'obiettivo di trascenderlo e trascendersi. In conclusione, il Sufismo non fa altro che dettare le coordinate necessarie per compiere una traversata cosmica di portata divina.
Quando un novizio entra in un Ordine indubbiamente dovrà osservare e tener fede agli arkan ma da una prospettiva intima e profonda, non superficiale e dogmatica. Questi, durante il suo cammino sulla Via (tariqa), sperimenta una serie di stati spirituali che lo rendono il più simile possibile al Creatore ed elevano passo dopo passo il Sé ad un piano soprasensibile, puro e libero dalle passioni e dai desideri.
Comprendere appieno il Sufismo significa però farne realmente esperienza, vivere la Via sulla propria pelle per conoscere tutti gli stati e le stazioni, che non possono racchiudersi in un numero fisso.
È come se volessimo descrivere il numero dei passi che debbono essere fatti per ascendere ad una montagna. L'inizio e la fine sono ben noti, così come gli aspetti fondamentali del cammino da percorrere. Ma il numero preciso, i particolari di ogni passo dipendono dalla qualità dello scalatore nonché dal sentiero, dal suo inizio e dalla sua fine.
La Via dei sufi si basa soprattutto su un movimento di interiorizzazione verso il Cuore, inteso come Intelletto, compiuto dall'uomo per sconfiggere le forze opposte che lo attraggono verso il mondo. La Via svolge il ruolo della forza centripeta nei confronti di quella centrifuga, e lo fa ricorrendo al bilanciamento di due aspetti essenziali: la contrazione (qabd) e l'espansione (bast).
Sarà quindi nello stato di espansione che il sufi raggiungerà la sua maturità spirituale per diventare in ultima analisi l'Uomo Perfetto. Solo costui è in grado di conoscere e amare veramente Dio come principio creativo dell'universo, avendo preso coscienza di essere causa e motore della creazione, e avendo compiuto un viaggio a ritroso su sé stesso in quanto segno terreno dell'atto divino.
Vedere Dio al culmine della Via significa armonizzare il Sé con il cosmo attraverso il movimento che l'uomo compie verso il suo centro di emanazione, curiosamente ben rappresentato dalla danza roteante dei dervisci che raggiungono uno stato di felicità tale da contagiare chi vi assiste, quasi come controparte concreta del movimento astratto svolto da Dio nell'atto creativo.


Importante per i sufi è certamente la figura del maestro, inteso come anziano (sheikh) o come guida (murad), e posto a capo di un ristretto numero di discepoli iniziati alla Tariqa. Svolge la funzione esoterica propria di Muhammad e rappresenta di conseguenza la teofania che si offre a chi vuole diventarne partecipe. Il tentativo di intraprendere la Via da soli si rivelerà vano e non porterà frutto, poiché è indispensabile, per poter vedere il cosmo nella sua dimensione reale e universale, il potere dello sheikh. Egli è incarnazione della Verità e della grazia di Dio, ed è il mezzo tramite il quale l'uomo può raggiungere la cima della montagna che sta scalando.
Interessante è notare come nel mondo shi'ita rivesta una funzione pari a quella del maestro la figura sospesa e misteriosa del Dodicesimo Imam, l'Imam nascosto, considerato come una sorta di maestro dei maestri. Attorno alla sua presenza si riuniscono i maestri sufi e i fedeli perché incarna l'intera catena di trasmissione iniziatica. Nella sua figura vi è un punto di incontro con il sunnismo poiché, trascendendo il tempo e lo spazio al pari di Muhammad e del maestro sufi, si incastra perfettamente nella funzione iniziatica dell'Islam.
Come al termine di un viaggio, attraverso l'approccio storico alla mistica, prende forma una nuova consapevolezza, quella di poter abbattere i muri che ci siamo costruiti davanti per separarci da ciò che non conosciamo e che ci spaventa, da quella parte di noi stessi che non abbiamo indagato abbastanza, e che l'esoterismo riporta a galla. La mistica mette in risalto come non sia affatto inutile guardarsi dentro, volgere lo sguardo indietro, a quel che rimane del nostro passato, facendosi inno alla ricerca e alla riscoperta del Sé. A tal proposito, quale strumento migliore della Storia?
Per uno studio più approfondito sul tema rimandiamo al seguente link:
https://www.academia.edu/37435704/LA_VIA_MISTICA_NELLISLAM
di Giorgio Rico