StorieDì Storia Perchè oggi beviamo caffè?

02.01.2019

Come mai il caffè, come tanti altri prodotti, ha trovato così ampia adozione in Europa, entrando a far parte della quotidianità delle masse? Cosa lo ha portato ad essere il prodotto che oggi consumiamo giornalmente nelle nostre case o nei bar delle nostre città, abbinandolo spesso ad una specifica ritualità/socialità? Partiamo dal presupposto che è praticamente impossibile riuscire a ricondurre ad un'unica matrice le vie che condussero il caffè (così come il tabacco, il cacao, lo zucchero o il tè) al consumo che se ne fa oggi, ma allo stesso tempo non si può non tener conto del fatto che la sua espansione sia coincisa con la scoperta di nuove rotte marittime e commerciali, dal XV secolo in poi, su scala globale, e che la moda per i prodotti di provenienza esotica si sia diffusa su larga scala e in ampi strati sociali, divenendo a volte un vero e proprio simbolo di status.

Fino al XIX secolo non era certo quale fosse il luogo d'origine della pianta del caffè e diverse sono le leggende, alcune molto curiose, legate alla sua coltivazione. Pellegrino Artusi, nel celebre manuale La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, sostiene che il miglior caffè sia quello di Mocha (città nello Yemen). Nel XV sec., in effetti, il caffè si coltivava proprio nella città yemenita, che poi ha dato il nome alla qualità stessa del prodotto. Durante il '500 si diffuse nei territori dell'Impero Ottomano attraverso una complessa rete di scambi: da Mocha veniva trasportato al mercato di Betelfaguy via terra, per poi raggiungere il porto di Jeddah, sul Mar Rosso, e infine Suez. Qui veniva nuovamente spostato a dorso di cammello verso Il Cairo e Alessandria, da dove raggiungeva infine Costantinopoli (dove il Kahvecibaşı - "Capo caffettiere" - era un personaggio importante della corte del Sultano), o Marsiglia. Nella sua opera Sylva sylvarum, pubblicata nel 1627, Francis Bacon fornisce una descrizione dei locali in cui i turchi siedono a bere caffè, paragonandoli alle taverne europee. Nel Regno Unito si aprirono infatti dei caffè (intesi come circoli e bar, le "coffeehouses"), proprio sulla scia di quelli turchi. I caffè divennero presto luoghi di nascita e diffusione di idee, frequentati da letterati, politici e filosofi.

Mocha in una stampa del 1652
Mocha in una stampa del 1652
Coffehouse di Mol, Regno Unito
Coffehouse di Mol, Regno Unito

Il favore incontrato dal caffè in Europa si deve però sicuramente alla sua commercializzazione avvenuta soprattutto per interesse britannico e olandese. L'alta richiesta europea impose di avviarne la coltivazione in altre parti del mondo. Nel '700 ad esempio il suo sito migliore di produzione fu Giava. Ben presto però, oltre al mercato arabo ed indonesiano, i fronti di concorrenza si allargarono alle colonie americane. Nel 1720 Gabriel de Clieu, ufficiale della marina francese, salpò alla volta dei Caraibi con due piantine di caffè di cui solo una sopravvisse arrivando alla colonia francese della Martinica, per poi attecchire in Giamaica e a Cuba. Ultimo potente attore in tal senso entrò in scena alla metà del '700: i portoghesi avviarono piantagioni di caffè sulle colline attorno a Rio de Janeiro. Pian piano il Brasile ne divenne così principale paese d'esportazione.

Caffè arabica brasiliano
Caffè arabica brasiliano

La navigazione a vapore aveva permesso di superare le difficoltà e l'incertezza date dalle correnti e dai venti nel trasporto verso l'Europa, favorendo così un incremento consistente dei mercati di tali prodotti. Un vero e proprio consumo di massa venne tuttavia raggiunto soltanto all'inizio del Novecento, fino a giungere all'immenso uso che se ne fa oggi.

Venezia fu forse la prima a far uso del caffè in Italia, per via proprio dei suoi rapporti col Vicino Oriente; le prime botteghe del caffè furono aperte però solo nel 1645 e il medico e letterato Francesco Redi nel suo Bacco in Toscana già cantava:

«Beverei prima il veleno

Che un bicchier che fosse pieno

Dell'amaro e reo caffè»

Visto sin dal principio come antitesi delle bevande alcoliche (soprattutto in ottica puritana), il caffè permetteva di recuperare in fretta dalle sbornie e restituiva lucidità. La pubblicità fu un altro degli elementi che ne permisero la diffusione, sottolineandone soprattutto tali proprietà. Divenne la bevanda base per la prima colazione in molti paesi, un modo per iniziare la giornata con efficienza e sciogliendo così i residui delle notti di convivio, raggiungendo anche le realtà più periferiche rispetto ai centri cittadini. Oltre che con la sociabilità prettamente maschile si sposò ben presto anche con quella femminile, accompagnato a tè e pasticcini, nei salotti letterari delle case borghesi, o in occasioni di discussione e dibattito più generiche.

Tutti questi elementi ci portano oggi a vedere nel caffè, come prodotto ma anche come spazio sociale, un soggetto reso culturalmente attivo dall'uso che l'uomo ne ha fatto nel tempo. I contesti e le circostanze ne hanno diversificato le qualità, i metodi di produzione e di consumo. Insomma, quello che oggi spinge sempre più spesso a condividere sui social immagini di tazze di caffè, o frasi del buongiorno dalla dubbia poeticità, non è altro che un riflesso condizionato dall'associazione caffè/socialità che la Storia ci suggerisce a chiare lettere.

di Giorgio Rico

Bibliografia:

P. Capuzzo, Culture del consumo, Il Mulino, Bologna, 2006

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