StorieDì Storia Quello che (forse) non sapevi sui pirati
Quella che al giorno d'oggi domina nell'immaginario collettivo è la figura del pirata come un uomo rude, armato di spada e uncino (rigorosamente in sostituzione di una mano amputata), magari con gamba di legno e benda sull'occhio, impegnato a solcare i sette mari alla ricerca di chissà quale remoto tesoro nascosto. Figura ricalcata soprattutto dalla mitizzazione del pirata del XVII secolo dei romanzi di Ottocento e Novecento, delle trasposizioni cinematografiche hollywoodiane, e dei resoconti di viaggi più fantasiosi.
Può sembrare banale, o forse no, ma la pirateria è in realtà sempre esistita, sin dagli albori della navigazione. Il sostantivo deriva dal latino "pirata", che ha un suo corrispettivo nel greco πειρατής (peiratès), dal verbo πειράομαι (peiráomai) che significa "tentare", "attaccare", "assaltare". In tempi duri i navigatori più esperti, quelli che abitavano le coste del Mediterraneo in età antica e che vivevano essenzialmente di mare, si prestavano dunque alla pirateria, al sabotaggio, ad assalti notturni e strategicamente pianificati o a veri e propri scontri navali, per procurarsi da vivere senza far necessariamente ricorso all'agricoltura e per tentare una faticosa scalata sociale. Le navi mercantili, cariche di prodotti e beni, furono per lungo tempo le vittime prelibate dei filibustieri antichi. Le coste del Mediterraneo, frastagliate e ricche di insenature, fornivano loro l'occasione "naturale" per rimanere nascosti alle loro prede, per prenderle poi d'assalto all'improvviso.
(in figura la sezione di una nave oneraria, nave mercantile romana)
Tra i testi più interessanti sulla pirateria antica vi sono le Lettere di Amarna, ben 362 corrispondenze tra amministrazione egizia e i suoi alleati, risalenti al periodo di Akhenaton. In alcune di esse vi sono infatti espliciti riferimenti a due gruppi di pirati che imperversavano sul Mediterraneo: i "lukka" e gli "sherden". Un altro testo egizio, del periodo di Ramses III, Il viaggio di Unamon, un'opera di fantasia, narra invece di un gruppo di pirati attivi tra Byblos e Israele, gli "zeker".
La situazione non doveva essere poi tanto diversa in Grecia, in età arcaica (800 - 500 a.C.). Iliade e Odissea, probabilmente scritte nell'VIII secolo a.C., fanno infatti parecchi riferimenti alla pirateria. Due secoli più tardi il commercio marittimo divenne una delle più importanti fonti di ricchezza per città come Atene, Corinto ed Egina, e di conseguenza la pirateria rappresentava una grave minaccia al benessere cittadino. Tucidide depone infatti a favore dei corinzi come primi autori di una vera e propria offensiva al banditismo per mare. Ma una lotta ai pirati comportava costi e impegni davvero gravosi per l'epoca, tant'è che questa continuò a proliferare fino a diventare una minaccia addirittura per i piani politici di Alessandro Magno. I suoi successori, vista la difficoltà di debellare i pirati, pensarono addirittura di sfruttarli a proprio vantaggio, nella forma di unità mercenarie. Tra i più temibili dell'epoca, dopo il crollo della potenza navale di Rodi nel 167 a.C., vi erano i "cilici" di cui se ne trova traccia durante la rivolta guidata da Spartaco, o quando scelgono di rapire un giovane Giulio Cesare, nel 74 a.C. Da allora in avanti furono duramente osteggiati da Roma, soprattutto dopo aver subito una dura razzia al porto di Ostia, nel 67 a.C.
Fu approvata una legge contro la pirateria, la lex Gabinia, e i pirati divennero ufficialmente "nemici dell'umanità". Gneo Pompeo, nominato comandante di una flotta speciale, ottenne uomini (120mila soldati, 4mila cavalieri e 270 navi) e finanziamenti (6mila talenti circa) per debellare la minaccia. La fazione conservatrice del Senato, visto l'enorme potere concesso a Pompeo, divenne però sospettosa sulle sue intenzioni. Mentre Lucio Licinio Lucullo era ancora impegnato con Mitridate e Tigrane II d'Armenia, Pompeo riuscì a ripulire l'intero bacino del Mediterraneo dai pirati, strappando loro l'isola di Creta, le coste della Licia, della Panfilia e della Cilicia, dimostrando straordinaria precisione, disciplina e abilità organizzativa. La Cilicia fu definitivamente sottomessa e la città di Tarso divenne la capitale dell'intera provincia romana. Furono poi addirittura fondate ben 39 nuove città. Il successo dell'offensiva contro i pirati (Bellum piraticum) aprì definitivamente il passo ad un nuovo incarico per Pompeo, come condottiero di una nuova guerra contro Mitridate IV del Ponto (lex Manilia).
Oltre alla pirateria medievale e moderna è dunque rilevante valutare esiti e cause del fenomeno anche in epoca anticaA, al fine di trarne specifiche considerazioni utili alla ricostruzione di una figura più ampia e coerente del pirata, forse estremamente riduttiva così come trasmessa nella cultura di massa degli ultimi decenni.
di Giorgio Rico
Tratto da: M. Woolmer, "Pirati dell'Antichità", Duhram University, in Storica, National Geographic, n. 121, marzo 2019