StorieDì Storia Scalo a Taprobane: storia di un'avventura
Taprobane fu per lungo tempo il termine con cui greci e romani identificarono l'isola di Sri Lanka, ad Est dell'estremo Sud dell'India. Un mercante, Megastene, ne fa una descrizione già attorno al 290 a.C., ma non fu il solo. Eratostene e Strabone, poco più avanti ne fecero rimandi ancor più dettagliati. Su tutti pero, il racconto che spicca quanto ad originalità ed interesse è quello di Plinio il Vecchio, relativo ad un avventuroso viaggio intrapreso proprio a Taprobane da un liberto di Publio Annio Plocamo, mercante forse originario di Puteoli (Pozzuoli).
"Dati più precisi [sull'isola di Taprobane] ci sono pervenuti durante l'impero di Claudio, quando giunsero anche ambasciatori da quell'isola. Ecco in quali circostanze: Annio Plocamo aveva avuto in appalto la riscossione delle tasse nella zona del Mar Rosso; uno dei suoi liberti, in navigazione lungo le coste dell'Arabia fu trascinato dai venti di aquilone al di là della Carmania e condotto in 15 giorni fino al porto di Ippuri a Taprobane, dove fu accolto dal re con ospitale affabilità. Apprendendo la loro lingua in sei mesi, poté rispondere alle domande del sovrano e narrargli dei Romani e del loro imperatore. Tra le cose che il re ascoltò, lo colpì in modo particolare l'onestà dei Romani, per il fatto che, tra le monete confiscate, i denari avevano tutti lo stesso peso, sebbene le diverse effigi dimostrassero che erano stati coniati da parecchi imperatori diversi. Spinto soprattutto da questo fatto a ricercare la nostra amicizia, egli inviò quattro ambasciatori, sotto la guida di Rachia."
Plinio il Vecchio, Storia Naturale, VI, 84
Nel territorio di Pozzuoli, un documento rinvenuto più precisamente nella località di Bacoli, un semplice epitaffio, ha deposto per l'origine puteolana del liberto di Plocamo, protagonista dell'avventura a Taprobane:
"C(aio) Erucio Heniocho, / C(aius) Erucius Faustus lib(ertus) / sibi et suis et / C(aio) Erucio Oceano, conl(iberto), et / P(ublio) Annio Plocami l(iberto) Eroti, / amico." (CIL, X, 2389)
Puteoli, fondata nel 529-28 a.C. da esuli di Samo col nome di Dicearchia, cadde sotto i Sanniti alla fine del V sec. a.C., e poi, dal 338, sotto Roma. Il suo porto fu largamente favorito dai Romani con provvedimenti doganali di ogni genere che ne fecero uno dei centri di irradiazione commerciale e politica romana nell'Oriente. Divenne presto città cosmopolita e animatissima in cui confluivano da ogni dove genti, culti, idee e mercanzie. Una sua vocazione mercantile è dunque innegabile, e sembra praticamente attestata anche la storicità di Plocamo in qualità di mercante della zona.
Le tracce degli interessi commerciali e dei traffici di P.A. Plocamo proseguono poi a Wadi Menih, in Egitto, lungo il percorso che dal Mar Rosso portava al Nilo. Qui, in una caverna, un posto sempre ombreggiato lungo la via che conduceva al porto di Berenice, vi si trovano numerose incisioni e graffiti che spesso attestano semplicemente il passaggio di qualche mercante per quel posto. Due di questi però fanno riferimento proprio ad un servo di un certo P.A. Plocamo, un tale Lysas:
Λυσᾶς Ποπλίου Ἀννίου Πλοκάμου / ἥκωι (ἔτους) λεʹ Καίσαρος, Ἐπεὶφ ηʹ.
[Io, Lysas, (schiavo) di Publio Annio Plocamo, venni qui nel trentacinquesimo anno di Cesare, l'8 di Epeiph (2 luglio del 6 d.C.).]
Lysas, P(ubli) Anni Plocami (servus), veni anno XXXV, III Non(as) Iul(ias).
[Io, Lysas, (schiavo) di Publio Annio Plocamo, venni qui nel trentacinquesimo anno, il terzo giorno prima delle None di Luglio (5 luglio del 6 d.C.).]
La differenza che intercorre tra i due testi sembra essere proprio nella loro redazione, avvenuta in due momenti differenti, a distanza di tre giorni l'una dall'altra. Forse perché una incisa all'andata, una al ritorno di un clamoroso viaggio per terre e per mari remoti? Certo, tre giorni sembrano davvero pochissimi per lasciarci pensare che sia proprio Lysas, in quell'occasione, ad essere arrivato a Taprobane, ma un dato è certo: i mercati di Plocamo si estendevano almeno fin lì, se non oltre, il che rende assolutamente plausibile un approdo anche a Taprobane, che sia esso intenzionale o causato da un'improvvisa variazione dei venti. Che sia esso dato da motivi commerciali o diplomatici. Il viaggio del liberto di Plocamo inoltre risulterebbe attendibile anche sulla base di quanto descritto nel Periplo del Mare Eritreo, un antico documento, risalente probabilmente al I secolo, che descrive le rotte di navigazione sul Mar Rosso e, in parte, l'Oceano Indiano e il Golfo Persico.
Sembra infatti che, mentre costeggiava l'Arabia (per curare gli interessi del suo patrono), i venti di nord-est abbiano trascinato il liberto di cui parla Plinio al di là della Carmania (attuale Kerman, una regione dell'Iran che si affaccia sul Golfo Persico), per approdare nell'isola di Taprobane, dove viene accolto amichevolmente. Questa, dalle fonti classiche, è vista come l'occasione propizia per instaurare relazioni diplomatiche tra Taprobane e Roma. Tale occasione, per tramite poi di un tale Rachia, e di altri resoconti, sarebbe per alcuni uno dei casi più eloquenti di contatto indiretto tra Roma e la Cina, tra Romani e Seres. Un'ipotesi di contatto tra due mondi affascinanti, accomunati da un interesse commerciale incredibilmente ampio. Accomunati da una proiezione globale non di poco conto.
di Giorgio Rico