StorieDì Videogame Uncharted: la leggenda pirata di Libertalia
Nell'epoca digitale per eccellenza non si può non
considerare il lascito di alcune "opere" inaspettate e all'avanguardia, i
Videogame, in grado sì di intrattenere un pubblico giovane e non, e di distrarlo
a volte dalla vita vissuta, ma anche potenti tanto quanto il mondo
cinematografico e artistico-letterario, dal punto di vista comunicativo.
Ve ne sono soprattutto alcuni di uno spessore dalla portata vastissima, veri e propri strumenti di veicolazione di conoscenze e curiosità storiche, spesso tagliate fuori dai manuali scolastici, ma comunque di notevole importanza. Viene da pensare soprattutto all'ormai articolatissima saga di Assassin's Creed (che nei miei ricordi universitari un noto docente di Storia dell'Arte spesso citava per sottolinearne l'accuratezza nella resa della Firenze Rinascimentale) forse pilastro indiscusso della rilettura e originale reinterpretazione di fatti storici su console che gli ultimi anni ci hanno regalato. Accanto ad essa non si può non citare la saga di Uncharted, con protagonista Nathan Drake, l'Indiana Jones della realtà virtuale, esploratore e cacciatore di tesori che nei quattro titoli della serie si reca nei luoghi più misteriosi e affascinanti del mondo alla ricerca di preziosi cimeli nascosti e alla riscoperta di fatti storici o leggende perdute da rispolverare.
E' nell'ultimo e sopracitato capitolo che Nathan Drake decide di lasciarsi alle spalle il mondo dei cacciatori di tesori, sposando Elena Fisher e lavorando come recuperatore di rifiuti urbani sommersi, scegliendo così definitivamente una vita "normale". Eppure l'inaspettata e improvvisa ricomparsa di suo fratello maggiore Sam gli impone di rimettersi in gioco.
Un flashback mostra come dodici anni prima Nathan, Sam e un loro amico, Rafe, fossero prigionieri in una galera panamense per continuare le ricerche del più grande tesoro pirata, appartenuto ad Henry Avery e dal valore di 400 milioni di dollari; durante l'evasione Sam venne colpito da alcuni proiettili e cadde da un tetto inducendo Nate a credere che fosse morto.
Rivelatosi al fratello ancora vivo, gli racconta che era stato salvato e rinchiuso nella stessa prigione, condividendo la cella un noto boss della malavita, Hector Alcazar. A detta di Sam dopo una seconda evasione a suon di sparatorie, Alcazar gli chiese una parte del tesoro di cui Sam gli aveva spesso parlato nella noia del carcere, in un tempo massimo di tre mesi per trovarlo, pena la morte.
Nate, credendo alle parole di Sam, si sente costretto ad accettare per salvargli la vita, nonostante avesse promesso ad Elena di farla finita con le avventure. Dopo aver mentito e nascosto il fatto alla moglie parte per la costiera amalfitana, in Italia, dove lui, Sam e il vecchio ed esperto amico Victor Sullivan, partecipano ad un'asta del mercato nero, occasione per rubare l'autentica croce di San Disma appartenuta ad Avery. Anche Rafe, che non ha mai smesso di cercare il tesoro, partecipa all'asta per accaparrarsi lo stesso cimelio.

Ciò nonostante Nate, Sam e Sully riescono a scappare, portandosi dietro il manufatto rubato. Una mappa all'interno della croce di lì a poco li condurrà in Scozia, presso la tomba del pirata.
Arrivati, riescono a trovare l'indizio successivo che li spinge a dirigersi a King's Bay, in Madagascar, in procinto di scoprire dove si trovi Libertalia, la leggendaria colonia pirata fondata da tutti i maggiori capitani per riunire tutti i bottini e convivere utopicamente in pace e uguaglianza.
Senza svelare l'entusiasmante finale della storia di Uncharted, ed evitando quindi clamorosi spoiler, veniamo dunque al punto focale dell'articolo.

Cos'era Libertalia? Ma soprattutto, è esistita per davvero oppure fu solamente una leggenda?
E' curioso, perché a parlarci di Libertalia è il capitano Charles Johnson, autore del libro A General History of the Most Notorious Pirates, pubblicato a Londra nel 1724. Una parte della critica odierna è convinta che Charles Johnson non sia altro che uno pseudonimo dello scrittore Daniel Defoe, grande appassionato ed amico di pirati, noto scrittore britannico nonché autore del Robinson Crusoe. A lui si deve la più completa descrizione di Libertalia. Johnson parla della fantomatica Repubblica dei Pirati solo pochi anni dopo la sua caduta, e sembra utilizzare fonti di prima mano.

Queste, citando il testo, le parole con cui Misson gettò le basi di Libertalia:
«La nostra causa è una causa nobile, coraggiosa, giusta e limpida: è la causa della libertà. Vi consiglio come emblema una bandiera bianca con scritta la parola "libertà", o se lo preferite, questo motto: per Dio e la libertà. Questa bandiera sarà l'emblema della nostra infallibile risoluzione. Gli uomini che sapranno prestare un orecchio attento al grido di: "libertà, libertà, libertà" saranno i cittadini d'onore.»
"Per Dio e la libertà" divenne il motto dei pirati di Libertalia, che in contrasto col classico Jolly Roger nero presero a issarne uno bianco, un suo ideologico capovolgimento. Charles Johnson afferma anche che i cittadini di Libertalia si governavano secondo un sistema repubblicano e democratico, eleggendo i propri rappresentati per mezzo di elezioni.
Secondo la leggenda, l'esperienza di Libertalia durò solo venticinque anni.
Non è ancora chiaro quali verità si celinoo dietro le parole del capitano Johnson. Né se la Repubblica dei Pirati sia davvero esistita. Che il Madagascar, fra XVII e XVIII secolo, fosse popolato da un vasto numero di pirati è un dato storico praticamente certo. Che questi pirati abbiano tentato in qualche modo di organizzarsi in società stabile è anch'esso plausibile. Appare tuttavia poco probabile il resto; l'idea di una Nazione di pirati, democratica e repubblicana, ispirata alla Grecia classica e a Roma, per quanto estremamente affascinante, sembra un'ipotesi da prendere davvero con le pinze.
Al di là della veridicità o meno di Libertalia, resta il fatto che la società piratesca fu forse una delle poche realtà davvero democratiche in un'epoca dove l'assolutismo monarchico raggiungeva il proprio apice. Lo stesso che avrebbe poi condotto l'Europa e il Nuovo Continente ai sentimenti rivoluzionari. Dietro Libertalia si può quindi leggere una più generale formulazione di un ideale politico utopico, una voglia di riscatto sociale nei confronti dello Stato Moderno.
L'obiettivo principale dei pirati era però quello di accumulare ricchezze, rubandole ad altri. E per farlo erano pronti a usare qualsiasi mezzo.
Non si conosce ancora quale fosse l'esatta ubicazione dell'isola, tuttavia, la maggior parte delle fonti sostiene che si estendesse dalla baia d'Antongil a Mananjary, Fianarantsoa includendo l'Île Sainte-Marie. Quest'area in seguito divenne il Regno di Zana-Malata. Altre fonti la collocano al centro della baia di Antongil. I pirati Thomas Tew, il provenzale Olivier Misson, ex ufficiale della marina francese, insieme al prete italo-dominicano Caraccioli, sono menzionati tra i principali e reali fondatori della leggendaria colonia pirata.

Sembra anche che il capitano William Kidd avesse visitato Libertalia nel 1697, quando vi si fermò per intraprendere le riparazioni della sua nave, e che vi abbia perso metà del suo equipaggio.
Che sia esistita o meno, quella di Libertalia è una storia intrigante che ci dice molto sul XVIII secolo e sulle teorie politiche dell'epoca. Non resta che issare alta la bandiera "per Dio e la libertà".
un consiglio per approfondire, il video trailer:
https://www.youtube.com/watch?v=qtnCpH9HsCE
di Giorgio Rico